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FABRIZIA

In ristorante circondata dal suo staff, sola nella neve o cogliendo erbe odorose da utilizzare in cucina: è dal vissuto quotidiano che Fabrizia trova ispirazione per immaginare, creare, perfezionare i suoi piatti. Alle radici della sua cucina ci sono profumi, colori, sapori e sensazioni legate al territorio e alle stagioni, accostati e reinterpretati da una sensibilità istintiva, affinata in oltre trent’anni di attività, di studio e di ricerca. Una carriera e una passione premiate nel 2018 dalla guida Michelin con un prestigioso riconoscimento: Chef donna dell’anno by Veuve Clicquot.

C’ERA UNA VOLTA IL KEISN

Tutto ha inizio nel 1987, quando la giovanissima Fabrizia Meroi, partita da Cividale per andare a “fare la stagione” a Sappada, incontra Roberto.
Nasce così, con il progetto di vita in comune, un sogno condiviso: un ristorante tutto loro. Un sogno che diventa realtà quando, a giugno del 1990, apre il loro primo locale. Si chiama Keisn, vocabolo sappadino un tempo d’uso comune; un modo per sottolineare il legame forte con il territorio.

Per Fabrizia, che ama definirsi “cuoca autodidatta” (ma che in realtà ha avuto fin da piccola due valide maestre, la mamma e la nonna materna) l’ultimo decennio del secolo scorso coincide con gli anni della formazione: da un lato, nella cucina del Keisn, “provando e riprovando” perfeziona la sua tecnica; dall’altro, nel tempo libero, insieme a Roberto scopre la “cucina d’autore” tra Friuli, Veneto e Carinzia. Tra i locali prediletti dell’epoca, il Roma di Cosetti a Tolmezzo, Sissy Sonnleiter a Mauthen, il Dolada di Pieve d’Alpago. Il 1997 è un anno di svolta nella vita di Fabrizia e Roberto: al Keisn arriva la stella Michelin, ma una stella ben più importante, la figlia Elena, arriva a completare la loro famiglia.

ROBERTO

LO RICORDIAMO COSÌ…

Un piccolo barman – come lo abbiamo visto nell’album di famiglia, dieci anni o poco più, a preparare coppette di gelato – è diventato, prima al Keisn e poi al Laite, un grande ristoratore. Profondo conoscitore del mondo del vino, ha una sensibilità istintiva per gli abbinamenti. Passione e competenza che verranno premiati nel 2015 dalla Guida “I Ristoranti d’Italia dell’Espresso” con un titolo prestigioso, quello di Sommelier dell’anno.
Sommelier, certo, ma non solo. Roberto è stato per trent’anni uno straordinario padrone di casa, un personaggio iconico, sbalorditivo per la sua competenza in materia di vini e distillati; capace tuttavia di mettere gli ospiti a loro agio, di accompagnarli alla scoperta della cucina di Fabrizia, presentando piatti e vini in sapiente abbinamento con gioiosa professionalità.
Oggi Roberto non c’è più, ma nelle sale del Laite permangono la magia e il calore di quell’atmosfera unica che lui con tanto amore ha saputo creare, seguendo la ristrutturazione giorno dopo giorno e curandone anche i minimi dettagli.

ELENA E IL LAITE

Al Laite, nell’appartamento sopra il ristorante (un tempo si diceva: casa e bottega) Elena trascorre l’infanzia e l’adolescenza. Capisce che quello dei genitori è un lavoro bellissimo, ma che richiede tanti sacrifici. Dopo la scuola dell’obbligo, frequenta il liceo linguistico ad Auronzo; il tempo delle vacanze estive è spartito tra i corsi di perfezionamento all’estero e il Laite dove il suo aiuto è prezioso. Ma Elena non ha ancora deciso cosa farà da grande… La svolta arriva con la maturità (quella scolastica, ma non solo): le esperienze in locali prestigiosi (come il Pomiroeu di Seregno con Giancarlo Morelli, La Madonnina del Pescatore di Moreno Cedroni a Senigallia, la Torre del Saracino a Vico Equense con Gennaro Esposito) servono a farle capire che il suo futuro è nell’azienda di famiglia. Dove le conoscenze linguistiche saranno comunque preziose… Dal 2018, Elena è al Laite a tempo pieno. Oggi è una splendida padrona di casa, capace di accogliere, intrattenere e mettere la clientela a proprio agio. Lo fa con garbo, professionalità, passione e un pizzico di ironia, doti trasmessele dal padre, ma elaborate da Elena con grazia e freschezza tutta femminile.

UNA CANTINA SAPPADINA

Nelle antiche case sappadine – molto legno, alto rischio di incendi – vi era sottoterra una stanza in pietra, senza finestre, con una sola porta in metallo: un casalingo caveau dove conservare ciò che non doveva assolutamente bruciare.
C’è anche sotto il Laite, è la cantina che custodisce un tesoro di cui Roberto è stato geloso guardiano: una riserva di bottiglie, vini e distillati provenienti da tutto il mondo, frutto di anni di ricerca e passione. Si possono scoprire scorrendo la carta dei vini, ma per il giusto abbinamento oggi in sala c’è Elena, alla quale Roberto ha lasciato in eredità le chiavi della cantina e una passione infinita. Una passione che Roberto ha trasmesso anche a Ovidio, che per otto anni è stato suo allievo. Arrivato al Laite fresco di diploma, Ovidio ha fatto con Roberto un apprendistato a tutto campo: l’arte dell’accoglienza, del servizio di sala e infine l’avvicinamento al vino e alle mille sfumature del corretto abbinamento. Un’arte, quella del sommelier, che Elena ha vissuto come pratica quotidiana in casa Laite praticamente da sempre e che ha approfondito per la parte teorica frequentando – come pure Ovidio -i corsi dell’Associazione Italiana Sommelier.